Le mafie tolgono la libertà e privano i cittadini dei diritti fondamentali
Associazione Brianza SiCura, DesioDesio (MB). Ogni Comune si meriterebbe un’amministratrice come lei. Una donna energica, solare, appassionata della politica, quella con la P maiuscola. Una donna che “non ha mai sopportato le ingiustizie”, come le ha insegnato suo padre. Lucrezia Ricchiuti, ex consigliera e vicesindaca di Desio tra il 2000 e il 2011, poi senatrice dal 2013 al 2018, parla come un fiume in piena, citando inchieste giudiziarie, nomi di boss e clan di ‘ndrangheta. Conosce bene la storia del territorio, conquistato fin dagli anni Settanta da una locale di ‘ndrangheta – la struttura di coordinamento delle ‘ndrine – che ha saputo tessere rapporti con imprenditori, funzionari pubblici, tecnici e geometri nel business dell’edilizia e che si è poi inserita nel mondo della politica. A Desio come nella ricca provincia Monza e Brianza. Lucrezia Ricchiuti lo racconta con disinvoltura, come se fosse una storia popolare nota a tutti. “Nel 1988 Natale Iamonte, boss di ‘ndrangheta di Melito Porto Salvo in Calabria, viene mandato in soggiorno obbligato a Desio a casa del nipote Natale Moscato, un geometra diventato prima consigliere comunale, poi assessore all’urbanistica e all’edilizia. Il mafioso a casa dell’assessore all’urbanistica”, sbotta, alzando la voce, “capite bene la gravità della situazione. Inoltre Annunziato Moscato, il fratello di Natale, era in Consiglio comunale a Cesano Maderno”.
La gravità della situazione si percepisce tardi. È l’operazione Crimine-Infinito che, nel 2010, segna uno spartiacque tra il prima e il dopo. Per la prima volta la presenza della ‘ndrangheta viene riconosciuta in sede processuale anche in Lombardia. Ma le le ‘ndrine in Lombardia facevano affari insieme a tecnici, proprietari terrieri e imprenditori locali fin dagli anni Settanta. Come documenta il rapporto “La criminalità organizzata di stampo mafioso nella provincia di Monza e Brianza” realizzato da Mattia Maestri, ricercatore di CROSS (Osservatorio sulla criminalità organizzata) dell’Università degli Studi di Milano, le locali di Desio, Seregno, Giussano e Limbiate sono attive non solo nelle attività economiche ma anche nell’esercizio della violenza, con faide tra famiglie calabresi rivali e loro esponenti per il controllo del territorio. È stata in particolare “la corsa alla cementificazione e alla costruzione di capannoni e palazzoni, con la volontà di accaparrarsi fondi pubblici, che ha scatenato lotte fra i diversi gruppi egemoni”, si legge nel rapporto.
Lo confermano anche le parole di Lucrezia Ricchiuti: “A Desio sono successe moltissime cose: incendi, sparatorie contro le vetrine di agenzie immobiliari, auto bruciate, bombe carta, gomme tagliate. Per dare un’idea del clima, il piano regolatore era stato votato dal consiglio comunale negli anni ‘80 alla presenza di un centinaio di carabinieri. Era evidente che in Brianza il business stava soprattutto nell’edilizia; la ‘ndrangheta aveva capito che poteva riciclare i soldi nel cemento grazie a figure rispettate nella società e a infiltrazioni anche nella politica locale e nelle amministrazioni comunali. La forza della mafia sta fuori dalla mafia”, dice, mentre si prepara ad accompagnarci in un “tour degli scempi” del territorio, come li definisce.