Se la comunità è attenta alle fragilità e alle disabilità, tutt* ne beneficiano
Spazio Rosmini, MonzaMonza. Tutto nasce da un gioco, anzi a ben guardare da una tattica da gioco. Da uno stile di gioco del calcio, il Tiki Taka, nato e diffuso prevalentemente in Spagna, caratterizzato da una lunga serie di continui passaggi ravvicinati, svolti con estrema calma, tra i compagni di squadra. Una tecnica per mantenere il più a lungo possibile il possesso palla e per far stancare gli avversari più alti e muscolosi, da parte di chi quel fisico non ce l’ha. Ma soprattutto una tattica di squadra dove tutti giocano, si divertono, collaborano in grandi azioni avvolgenti che, qualche volta, arrivano anche al gol. È esattamente questo lo spirito dietro la rete Tiki Taka, una rete di oltre trenta associazioni, fondazioni, cooperative sociali e spazi aggregativi che prova a costruire percorsi ed opportunità dentro le comunità locali, superando la visione diffusa sulla disabilità. «L’idea è quella di ripensare al welfare e di trasformarlo in welfare di comunità», spiega Giovanni Vergani, educatore e coordinatore della rete Tiki Taka, attivo, fin da adolescente nel mondo delle disabilità. «Se si uniscono le competenze, ci si mette insieme, si possono fare cose più grandi e più belle. In questo luogo ci sono anziani e giovani, persone con fragilità e famiglie. Ed è bellissimo vedere che ci si mischia naturalmente», dice con un sorriso gentile e gli occhi da sognatore».
Mentre Giovanni racconta come è nato il progetto nel 2017, dietro al bancone dello Spazio Rosmini, due giovani ragazze preparano gli aperol spritz. Oltre il bancone, una rete separa la zona bar dalla zona del campo da gioco. Il chiacchiericcio e il vociare di un gruppo di anziani impegnati in una combattuta partita di bocce rimbomba in tutto lo spazio. Altri tre ragazzi, invece, accompagnati da due educatori, sistemano e puliscono la sala all’esterno. Fanno tutti parte de il Brugo, una cooperativa sociale nata nel 1986 dall’idea e dalla volontà di un gruppo di famiglie di creare un servizio in cui le risorse delle persone con disabilità venissero valorizzate. In oltre trent’anni, parecchia strada è stata fatta e numerosi sono oggi i servizi e i progetti, per minori e adulti, a partire da attività ricreative, sportive, artistiche fino a progetti di social housing, tirocini nelle aziende e i servizi di formazione all’autonomia (SFA). «Questo è un posto dove i ragazzi e le ragazze si metteno in gioco», spiega Serena Belfiore, educatrice della cooperativa, «loro imparano a fare il caffè, a stare dietro il bancone, o in mezzo alla gente. Ed è bellissimo vederli crescere e diventare autonomi, perché la questione che si pone sempre in tutte le famiglie è il “dopo di noi”».
In Italia, nel 2019, le persone con disabilità sono 3 milioni e 150mila (il 5.2% della popolazione) secondo i dati dell’Istat. La maggior parte – 6.5% – vive nelle Isole. Lombardia e Trentino Alto-Adige sono le Regioni con la prevalenza più bassa, rispettivamente il 4,1% e il 3,8%. Benché in Italia vi siano diverse norme che favoriscano l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità – come la Legge 68/99 che ha introdotto l’istituto del collocamento mirato – resta rilevante lo svantaggio nel mercato del lavoro delle persone con disabilità. Infatti, nel 2019, considerando la popolazione tra i 15 e i 64 anni, risulta occupato solo il 32,2% di coloro che soffrono di limitazioni gravi.
Per questo l’idea di Tiki Taka è di lavorare in rete il più possibile affinchè si uniscano diverse tematiche – il diritto all’abitare, il lavoro e l’inclusione, lo sport, l’arte – ma anche territori e comunità. Sono più di dodici i Comuni coinvolti, oltre 1000 le persone con disabilità raggiunte, 830 le famiglie, 25o volontari, più di 6000 gli alunni delle scuole primarie e secondarie e 55 le aziende coinvolte nei tirocini di inclusione sociale. «Se la comunità è attenta alle fragilità, tutti ne beneficiano. È una ricaduta positiva che riguarda tutte le persone», spiega sempre Giovanni, che aggiunge, «Sarebbe impossibile gestire uno spazio così grande come il Rosmini da soli. Per questo è importante fare la rete. È più difficile ma è una sfida affascinante».